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sabato, 27 Luglio, 2024

Giuseppe La Rosa

Sin dal mio primo interesse per la storia della Calabria mi è capitato di leggere più volte degli articoli in relazione a quella del vicino paese di Terranova Sappo Minulio su un periodico locale che veniva distribuito negli aa. 20-30 del trascorso secolo, Albòri, diretto da Francesco De Cristo. N’era autore proprio un terranovese, Fortunato Larosa. Dopo un po’ di tempo ho saputo trattarsi di persona emigrata in Australia. Non altro. Fattisi gli a. 80, un bel giorno il solito Mons. Pignataro, con cui mi accompagnavo spesso, mi è venuto a presentare un Mons. La Rosa, Giuseppe, che lavorava in Vaticano ed era fratello al Fortunato detto. Era stato anche lui in Australia, ma alla fine aveva preferito ritornarsene in patria. Avendo anch’io approntato delle ricerche su Terranova, gliene ho fatto omaggio. Purtroppo, il rapporto iniziale non è stato felice. Ecco quanto mi ha comunicato una prima volta il 14 maggio del 1980: “La ringrazio del Suo cortese biglietto, e mi do premura d’informarLa che Le ho già spedito una copia del mio studio su “Una bolla di Urbano II per la Chiesa di San Salvatore nella diocesi oppidese”.

Quanto all’opuscolo su “La diocesi di Oppido Mamertina e la città di Palmi” da Lei inviatomi, mi permetto di dirLe che mi è parsa manifestamente errata la Sua interpretazione del decreto della Santa Sede circa la diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, e quindi del tutto fuori posto la polemica da Lei aperta con questo scritto”.

A cosa si riferiva il Monsignore? Precedentemente avevo allestito un opuscoletto in risposta ad un manifesto affisso dai Palmesi, nel quale si rivelava un’affermazione smaccatamente fuori luogo. Infatti, vi si leggeva e, quindi si confermava con molta pompa quanto già pronunziato in discorsi ufficiali, di una “cessata diocesi di Oppido Mamertina”, di una “nuova diocesi”, di un ”ritorno a Palmi del vescovo” e di ulteriori amenità. Per cui, imbeccato dal Comune e spinto da amici, ho cercato d’indirizzare le cose nel loro giusto verso, ma, ahimè, qualcuno che forse in passato avrà avuto problemi in ambito diocesano, come si è pur malignato, non poteva mancare. Portatomi subito in Curia, ho mostrato la missiva al Vicario Generale Mons. Rosario Formica, peraltro originario anche lui di Terranova, che è rimasto letteralmente allibito e mi ha spronato a rispondere per come si doveva. Non me lo son fatto ripetere due volte e ho provveduto a stretto giro il 26 dello stesso mese indirizzando al La Rosa quanto segue:

“Rev.mo Monsignore, mi è gradito ringraziarLa per la Sua cortese disposizione all’invio dell’interessante opuscolo nonché per l’attenzione mostrata al lavoro di cui Le ho fatto tenere copia.

In merito a quanto mi dice, mi permetto però farLe osservare che io non ho interpretato niente e che mi sono soltanto limitato a leggere la Bolla, e in originale e nella traduzione operata dalla Curia Vescovile di Oppido, due testi, che, secondo il mio modesto modo di comprendere, si presentano alquanto lineari e precisi. Gradirei, quindi, che Lei m’indicasse nei particolari i passi dove io avrei manifestamente sbagliato, sia per correggere me stesso sia per correggere chi la pensa nell’identica maniera.

Circa poi la questione della “polemica”, che io avrei aperto, tengo a significarLe che detta non è stata iniziata da me, ma dal Comune di Palmi con un opuscolo, di cui Le invio fotocopia e che ho controbattuto nei punti più smaccatamente errati. Al piacere di poterLe spedire l’annunciato lavoro su Terranova e di poterLa leggere ancora, Le esprimo di nuovo i miei più sentiti ringraziamenti e La prego voler gradire cordiali ossequi”.

Non potevo davvero non ribattere a certe affermazioni che non stavano né in cielo né in terra! Nelle more il Monsignore terranovese, pur scrivendomi altre due lettere, si è tenuto, come diciamo in gergo, “la cica” e non ha più toccato l’argomento. Si è rifatto sotto in data 10 ottobre, come di seguito: Ho ricevuto lo scritto da Lei pubblicato nella rivista “Studi Meridionali” dal titolo “Terranova all’alba di una nuova era”, e La ringrazio di cuore della sua cortese premura di segnalarmi in tal modo i risultati della sua fortunata ricerca presso l’archivio vescovile di Oppido Mamertina. Mi congratulo vivamente con Lei per tale suo scritto, che mi rivela aspetti tanto interessanti delle vicende storiche di Terranova. Con senso di rinnovata stima”.

Un ultima lettera reca la data del 12 aprile 1881 ed è stata inviata nel frangente della Pasqua. Questa la cordiale comunicazione: “Sono gravemente in debito con Lei per numerosi gesti di amicizia compiuti verso di me, inviandomi alcuni suoi pregevoli lavori di ricerca e di studio riguardanti Terranova e il suo antico territorio nella Piana. Ho apprezzato vivamente la sua opera che ha portato al recupero e alla conoscenza di tanti documenti sepolti negli archivi della nostra terra, e mi compiaccio con Lei per il Suo ammirevole e costante impegno in questo campo. Con l’augurio ch’Ella possa portare sempre suoi contributi, in questo lavoro di ricerca e di esame, Le esprimo i sensi della mia stima.”

Tale si è configurato l’ultimo approccio con il La Rosa, che è deceduto a Roma il 6 febbraio 1990. In sequenza alcuni dati che, unitamente alla foto che ritrae quegli, estraggo dal profilo che Letterio Festa ha tracciato per il Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea dell’ICSAIC. Mons. La Rosa è nato a Terranova nel 1925. Entrato in Seminario a Oppido, ha proseguito gli studi in quello Regionale di Catanzaro. È stato ordinato sacerdote da Mons. Canino nel 1938. Recatosi in Australia in visita alla famiglia, gli è stato inibito il rientro a causa della guerra. Si è allora impegnato in vari settori cattolici e con gli emigrati italiani. Per la sua attività in favore degli italiani il presidente Saragat nel 1965 verrà a nominarlo Commendatore dell’ordine al merito della Repubblica. Si deve a lui la fondazione del giornale “La fiamma”, il giornale degli italiani in Australia, alla cui guida si è speso a lungo dal mio compaesano e compagno di scuola Mimmo Morizzi. Nel 1949 è rientrato in Italia, a Roma, dove ha conseguito la laurea in u.i. alla Pontificia Università Lateranense. Appresso ha svolto il ruolo di “addetto” nella Segreteria di Stato del Vaticano. Oltre quanto pubblicato in Australia, in Italia ha edito: “Una bolla di Urbano II per la chiesa di San Salvatore nella Diocesi oppidese (Scuola tipografica italo-orientale “San Nilo”, Grottaferrata 1979) e “Profilo storico dell’antica Terranova” (Stabilimento di Arti tipografiche L. Salomone, Roma 1983).

Il volumetto “Studio sulle origini dell’antica Terranova nella Calabria meridionale (Stabilimento di Arti tipografiche L. Salomone, Roma 1993), è uscito postumo a cura del nipote Domenico La Rosa, da cui l’ho avuto in occasione che si trovava a transitare da Oppido.

  • Rocco Liberti, Recensione a “Studio sulle origini dell’antica città di Terranova nella Calabria meridionale”, «Corriere di Reggio», 15 gennaio 1993.
  • Domenico La Rosa, L’apostolato di padre Giuseppe La Rosa in Australia, s.e., Sydney 1995.
  • Rocco Liberti, Giuseppe Larosa, «Calabria letteraria», LIII, 10-11-12, 2005, pp. 38-39.

Sin dal mio primo interesse per la storia della Calabria mi è capitato di leggere più volte degli articoli in relazione a quella del vicino paese di Terranova Sappo Minulio su un periodico locale che veniva distribuito negli aa. 20-30 del trascorso secolo, Albòri, diretto da Francesco De Cristo. N’era autore proprio un terranovese, Fortunato Larosa. Dopo un po’ di tempo ho saputo trattarsi di persona emigrata in Australia. Non altro. Fattisi gli a. 80, un bel giorno il solito Mons. Pignataro, con cui mi accompagnavo spesso, mi è venuto a presentare un Mons. La Rosa, Giuseppe, che lavorava in Vaticano ed era fratello al Fortunato detto. Era stato anche lui in Australia, ma alla fine aveva preferito ritornarsene in patria. Avendo anch’io approntato delle ricerche su Terranova, gliene ho fatto omaggio. Purtroppo, il rapporto iniziale non è stato felice. Ecco quanto mi ha comunicato una prima volta il 14 maggio del 1980: “La ringrazio del Suo cortese biglietto, e mi do premura d’informarLa che Le ho già spedito una copia del mio studio su “Una bolla di Urbano II per la Chiesa di San Salvatore nella diocesi oppidese”.

Quanto all’opuscolo su “La diocesi di Oppido Mamertina e la città di Palmi” da Lei inviatomi, mi permetto di dirLe che mi è parsa manifestamente errata la Sua interpretazione del decreto della Santa Sede circa la diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, e quindi del tutto fuori posto la polemica da Lei aperta con questo scritto”.

A cosa si riferiva il Monsignore? Precedentemente avevo allestito un opuscoletto in risposta ad un manifesto affisso dai Palmesi, nel quale si rivelava un’affermazione smaccatamente fuori luogo. Infatti, vi si leggeva e, quindi si confermava con molta pompa quanto già pronunziato in discorsi ufficiali, di una “cessata diocesi di Oppido Mamertina”, di una “nuova diocesi”, di un ”ritorno a Palmi del vescovo” e di ulteriori amenità. Per cui, imbeccato dal Comune e spinto da amici, ho cercato d’indirizzare le cose nel loro giusto verso, ma, ahimè, qualcuno che forse in passato avrà avuto problemi in ambito diocesano, come si è pur malignato, non poteva mancare. Portatomi subito in Curia, ho mostrato la missiva al Vicario Generale Mons. Rosario Formica, peraltro originario anche lui di Terranova, che è rimasto letteralmente allibito e mi ha spronato a rispondere per come si doveva. Non me lo son fatto ripetere due volte e ho provveduto a stretto giro il 26 dello stesso mese indirizzando al La Rosa quanto segue:

“Rev.mo Monsignore, mi è gradito ringraziarLa per la Sua cortese disposizione all’invio dell’interessante opuscolo nonché per l’attenzione mostrata al lavoro di cui Le ho fatto tenere copia.

In merito a quanto mi dice, mi permetto però farLe osservare che io non ho interpretato niente e che mi sono soltanto limitato a leggere la Bolla, e in originale e nella traduzione operata dalla Curia Vescovile di Oppido, due testi, che, secondo il mio modesto modo di comprendere, si presentano alquanto lineari e precisi. Gradirei, quindi, che Lei m’indicasse nei particolari i passi dove io avrei manifestamente sbagliato, sia per correggere me stesso sia per correggere chi la pensa nell’identica maniera.

Circa poi la questione della “polemica”, che io avrei aperto, tengo a significarLe che detta non è stata iniziata da me, ma dal Comune di Palmi con un opuscolo, di cui Le invio fotocopia e che ho controbattuto nei punti più smaccatamente errati. Al piacere di poterLe spedire l’annunciato lavoro su Terranova e di poterLa leggere ancora, Le esprimo di nuovo i miei più sentiti ringraziamenti e La prego voler gradire cordiali ossequi”.

Non potevo davvero non ribattere a certe affermazioni che non stavano né in cielo né in terra! Nelle more il Monsignore terranovese, pur scrivendomi altre due lettere, si è tenuto, come diciamo in gergo, “la cica” e non ha più toccato l’argomento. Si è rifatto sotto in data 10 ottobre, come di seguito: Ho ricevuto lo scritto da Lei pubblicato nella rivista “Studi Meridionali” dal titolo “Terranova all’alba di una nuova era”, e La ringrazio di cuore della sua cortese premura di segnalarmi in tal modo i risultati della sua fortunata ricerca presso l’archivio vescovile di Oppido Mamertina. Mi congratulo vivamente con Lei per tale suo scritto, che mi rivela aspetti tanto interessanti delle vicende storiche di Terranova. Con senso di rinnovata stima”.

Un ultima lettera reca la data del 12 aprile 1881 ed è stata inviata nel frangente della Pasqua. Questa la cordiale comunicazione: “Sono gravemente in debito con Lei per numerosi gesti di amicizia compiuti verso di me, inviandomi alcuni suoi pregevoli lavori di ricerca e di studio riguardanti Terranova e il suo antico territorio nella Piana. Ho apprezzato vivamente la sua opera che ha portato al recupero e alla conoscenza di tanti documenti sepolti negli archivi della nostra terra, e mi compiaccio con Lei per il Suo ammirevole e costante impegno in questo campo. Con l’augurio ch’Ella possa portare sempre suoi contributi, in questo lavoro di ricerca e di esame, Le esprimo i sensi della mia stima.”

Tale si è configurato l’ultimo approccio con il La Rosa, che è deceduto a Roma il 6 febbraio 1990. In sequenza alcuni dati che, unitamente alla foto che ritrae quegli, estraggo dal profilo che Letterio Festa ha tracciato per il Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea dell’ICSAIC. Mons. La Rosa è nato a Terranova nel 1925. Entrato in Seminario a Oppido, ha proseguito gli studi in quello Regionale di Catanzaro. È stato ordinato sacerdote da Mons. Canino nel 1938. Recatosi in Australia in visita alla famiglia, gli è stato inibito il rientro a causa della guerra. Si è allora impegnato in vari settori cattolici e con gli emigrati italiani. Per la sua attività in favore degli italiani il presidente Saragat nel 1965 verrà a nominarlo Commendatore dell’ordine al merito della Repubblica. Si deve a lui la fondazione del giornale “La fiamma”, il giornale degli italiani in Australia, alla cui guida si è speso a lungo dal mio compaesano e compagno di scuola Mimmo Morizzi. Nel 1949 è rientrato in Italia, a Roma, dove ha conseguito la laurea in u.i. alla Pontificia Università Lateranense. Appresso ha svolto il ruolo di “addetto” nella Segreteria di Stato del Vaticano. Oltre quanto pubblicato in Australia, in Italia ha edito: “Una bolla di Urbano II per la chiesa di San Salvatore nella Diocesi oppidese (Scuola tipografica italo-orientale “San Nilo”, Grottaferrata 1979) e “Profilo storico dell’antica Terranova” (Stabilimento di Arti tipografiche L. Salomone, Roma 1983).

Il volumetto “Studio sulle origini dell’antica Terranova nella Calabria meridionale (Stabilimento di Arti tipografiche L. Salomone, Roma 1993), è uscito postumo a cura del nipote Domenico La Rosa, da cui l’ho avuto in occasione che si trovava a transitare da Oppido.

  • Rocco Liberti, Recensione a “Studio sulle origini dell’antica città di Terranova nella Calabria meridionale”, «Corriere di Reggio», 15 gennaio 1993.
  • Domenico La Rosa, L’apostolato di padre Giuseppe La Rosa in Australia, s.e., Sydney 1995.
  • Rocco Liberti, Giuseppe Larosa, «Calabria letteraria», LIII, 10-11-12, 2005, pp. 38-39.

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