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martedì, 23 Aprile, 2024

Mario e Raffaele Borretti

Mario Borretti, il mitico fondatore e direttore della prestigiosa “Calabria Nobilissima” è nato a Terni il 28 novembre del 1905, ma ha trascorso la sua vita sin dalla tenera età a Cosenza, dove ha concluso i suoi giorni il 5 dicembre 1970. Mi si è dato d’incontrarmi con lui soltanto in un’occasione. Tra il 1968 e il 1969, non me ne rammento esattamente, mi trovavo a Reggio a motivo di un convegno che si svolgeva nel salone arcivescovile. Egli, come faceva, penso, con tutti o, almeno, con chi stimava interessato alle varie espressioni della civiltà calabra, mi si è appressato e mi ha offerto una copia appena edita della rivista. Non so se mi sono abbonato o meno, ma ne possiedo parecchi esemplari in buona parte donatimi dal Prof. Vincenzo Saletta in quel di Roma, dove mi recavo sovente a salutarlo. Purtroppo, dopo quelle date, l’infaticabile personaggio, ch’era stato anche un funzionario della Cassa di Risparmio di Calabria, ha smesso di lottare. Il numero 57-58 del 1969, già predisposto per la stampa, è uscito necessariamente postumo. A ricordare la figura dello studioso saranno in quello successivo il Presidente della Giunta Regionale della Calabria prof. Antonio Guarasci, il Soprintendente ai Monumenti della Lombardia Gisberto Martelli e il Rettore dell’Università dell’Aquila e Presidente della Società di Storia Patria Ernesto Pontieri.

Così officiava tra l’altro Guarasci: “Non vi è storico o uomo di cultura meridionale, che abbia considerato la Calabria un passo obbligato delle sue ricerche, che non abbia ritrovato in lui un generoso, pronto, bravo e disinteressato corrispondente.

Fu un animatore di ricerche aperto e libero, indipendente e onesto.

Grandi e piccoli cultori della vita calabrese dobbiamo a Mario Borretti qualcosa: una notizia, un libro raro, una carta d’archivio, una pagina indecifrabile, un nome dimenticato, un suggerimento”.

Non dissimile la rievocazione del Martelli, che nel secondo dopoguerra era pervenuto a Cosenza quale Soprintendente per la Calabria: “Mario Borretti possedeva una straordinaria sensibilità …: forse non conosceva la “carta del restauro”, la metodologìa della materia; ma ne possedeva profondamente lo spirito attraverso il rigoroso senso del rispetto delle stratificazioni, poiché mai avanzò – a differenza di più di un erudito, e neppure come cauta ipotesi – una idea qualsiasi che potesse suonare offesa al monumento preso nel suo insieme.

Stimolò gli amici verso la ricerca, perché fosse reperito nuovo materiale di studio, trovate fresche ispirazioni per la discussione; perché fossero portate avanti le posizioni raggiunte in questa materia da Paolo Orsi…”.

Concludiamo col Pontieri: “Era uno spirito entusiasta per le cose della cultura, nella quale vedeva una forza impareggiabile di progresso civile, soprattutto in rapporto alla Calabria che fortemente amava.

Coltivava con passione profondamente radicata la storia di essa: era in questo campo un autodidatta, ma attraverso la diuturna familiarità contratta con i libri e l’allenamento alla severa ricerca documentaria Egli aveva raggiunto un metodo impeccabile e dava assidua testimonianza di essere interprete e ricostruttore provetto del passato, attingendo temi lungo tutta la traiettoria della storia della sua terra”.

Un’altra toccante memoria è stata espressa due anni dopo sul periodico “Brutium” (a. 1971, n. 3) da Francesco Grillo di New York, che ha presentato un discreto epistolario: “Egli fu specialmente bibliofilo e cronista, uno di quei pazienti artefici la cui fatica è strumento indispensabile allo storico ed alla cultura”.

Oltre ad occuparsi a pieno ritmo della rivista, da lui fondata nel 1947 e sostenuta per più di un ventennio, Mario Borretti inizialmente già dal 1944 ha collaborato al “Bollettino della Società di Storia Patria per la Calabria”, quindi a “Brutium” e ad “Archivio storico per la Calabria e la Lucania”. In “Calabria Nobilissima” emergeva particolarmente il settore relativo alle numerose segnalazioni bibliografiche, che toccavano in largo raggio il panorama calabrese. La prima edizione di un volume si configura nel 1933 (è stata ripresa nel 1960) “La cattedrale di Cosenza”, una guida della città. Seguono nel 1940 “Il castello di Cosenza”, riedito nel 2019, “Le Strade di Cosenza-Saggio di toponomastica storica” del 1951, “Cosenza: guida breve della città e dintorni” (1960), “Annali della tipografia cosentina (1800-1899)” (Cosenza 1960), “Bibliografia della Sila” (Sansoni, Firenze 1965), “Contributo per una bibliografia storica Calabrese (1945-1964)” (MIT Cosenza) 1968.

Per quest’ultima fatica così scrivevo tra l’altro sul periodico reggino “La Voce di Calabria” del 5 ottobre 1969:

“La lodevole iniziativa dello scrittore cosentino giunge ora, buon ultima, dopo molti tentativi male abbozzati o addirittura incompleti e, se proprio non può riuscire a colmare la grave lacuna che da tempo si registra nella nostra regione per tal genere di studi, ha indiscutibilmente un grande pregio, quello cioè di aver dato la più chiara indicazione su quale dovrà essere la linea che dovranno seguire d’ora in poi i bibliografi calabresi. In effetti, il lavoro del Borretti si presta benissimo ad essere preso a modello, e da lui stesso e dagli eventuali altri, per una più completa ed ordinata bibliografia generale sulla Calabria”.

A Mario Borretti ha tenuto dietro il figlio Raffaele, che, pur impegnandosi in tutt’altre cose ha continuato per alcune annate a reiterare “Calabria Nobilissima” e a ristampare opere già pubblicate dal padre. In data 16 maggio 1988 così mi scriveva:

“è da lungo tempo che desideravo scriverle: come saprà, sto continuando, pur tra mille difficoltà, la pubblicazione di “Calabria Nobilissima”, e avrei molto piacere di annoverarla tra i collaboratori, anche per brevi pezzi e recensioni, se non può darmi lavori più impegnativi; d’altra parte la rivista esce solo una volta all’anno (fascicolo doppio), per cui l’impegno non sarebbe pressante.

Le scrivo, inoltre, per porle un quesito, grato se potrà rispondermi. Come dall’allegata circolare, sto per dare alle stampe un volume di ricerche sui Telesio, al quale è allegato un “albero genealogico”, che, al pari del volume, ho revisionato; ora, alcuni autori hanno riportato come appartenenti ai Telesio di Cosenza due sacerdoti, Antonio (1435) e Nicola (1562), per i quali invece, secondo me, non esistono allo stato conoscenze che confermino tale parentela (così come non ci sono per il giureconsulto Francesco del XIII secolo.

Vi è di più: S. G. Mercati, nel suo dotto esame di documenti vaticani (ASCL, A. VII (1937) pp. 215 sgg;) è incorso in una svista comune a noi uomini, che soffriamo un po’ di idee preconcette e ci indirizziamo spesso su una via sbagliata (anche per un’operazione semplice, come smontare un attrezzo meccanico) perché il nostro cervello è “convinto” della giustezza dell’idea di base. Infatti, identifica l’Antonio di cui sopra, e di cui parlano i documenti, con lo zio di Bernardino, non tenendo presente che all’epoca dei documenti il “vero” Antonio non era ancora nato (o, se fossero errate le date di nascita sin qui conosciute, era un bambino). Quanto al Nicola, non so come faccia P. Russo, che si basa su quanto ha scritto Mercati. Infatti, dubbioso, a sostenere che “senz’altro era un parente” (nella sua Storia dell’Archidiocesi Cosentina).

Invece, io trovo un interessante collegamento tra questi due Telesio: Antonio è definito “Canonico Oppidensi” in un primo documento e poi “Canonico Jeracensi” in un secondo (1435), mentre Nicola è rettore della Chiesa di S. Filippo di Oppido (documento del 1562).

Io ritengo, in conclusione, che ambedue appartengano ad un ramo di Telesio dimoranti in Oppido per qualche secolo, e che potrebbe far parte del ramo di Cosenza, come potrebbe benissimo NON farne parte, così come non ne fanno parte i Telesio napoletani e di altre località.

Lei ha mai incontrato notizie in merito?

Intanto, io (salvo sue eventuali comunicazioni) non li includo nell’albero genealogico, citandoli però in nota, e credo sia questa la cosa più seria e sicura etc.”

Non ho avuto più rapporti diretti con Raffaele Borretti, a cui sicuramente ho risposto, ma nel 1994, non ricordo se inviatami da lui od altro amico, ho ricevuto la sua attraente guida illustrata, “Ajello Antichità e Monumenti” pubblicata col patrocinio dell’Amministrazione Comunale di Aiello Calabro. Nel corso degli anni, in ogni modo, egli si è spinto a replicare vari testi già editi dal padre, talvolta arricchendoli parecchio e aggiornandoli, come appunto nel 1988 “I Telesio Regesto dei documenti del secolo XVI”. Nel 1990 è venuto a rinverdire l’operosità del padre curando l’edizione di “Studi e testimonianze di Mario Borretti nel ventennale della morte (1970- 1990”. Comunque il suo interesse principale era l’amore per il jazz e in tale campo si è fatto veramente un nome. Nel 2005 ha consegnato alla stampa con Klipper “Una piccola storia del jazz Klipper”. Socio dell’Accademia Cosentina e della Deputazione di Storia Patria, nel 2015 è stato omaggiato dalla Commissione di Cultura del Comune di Cosenza per i suoi 60 anni di attività. Il 25 ottobre 2019 nella sala del trono del castello di Cosenza si riproponeva il testo già del padre e, peraltro, già aggiornato nel 1983 della relativa guida storico-artistica e riveduto alla luce dei contributi di altri studiosi. Deceduto l’8 novembre del 2020, così lo ricordava l’assessore regionale Franco Iacucci già sindaco di Aiello: “Ci lascia un grande Maestro. Raffaele Borretti, musicista, grande cultore del jazz che ha contributo a diffonderlo in tutto il territorio calabrese, docente all’Università della Calabria e al Conservatorio “Stanislao Giacomantonio” di Cosenza, seguendo le orme del padre si è dedicato alla ricerca storica pubblicando diversi libri”.

Mario Borretti, il mitico fondatore e direttore della prestigiosa “Calabria Nobilissima” è nato a Terni il 28 novembre del 1905, ma ha trascorso la sua vita sin dalla tenera età a Cosenza, dove ha concluso i suoi giorni il 5 dicembre 1970. Mi si è dato d’incontrarmi con lui soltanto in un’occasione. Tra il 1968 e il 1969, non me ne rammento esattamente, mi trovavo a Reggio a motivo di un convegno che si svolgeva nel salone arcivescovile. Egli, come faceva, penso, con tutti o, almeno, con chi stimava interessato alle varie espressioni della civiltà calabra, mi si è appressato e mi ha offerto una copia appena edita della rivista. Non so se mi sono abbonato o meno, ma ne possiedo parecchi esemplari in buona parte donatimi dal Prof. Vincenzo Saletta in quel di Roma, dove mi recavo sovente a salutarlo. Purtroppo, dopo quelle date, l’infaticabile personaggio, ch’era stato anche un funzionario della Cassa di Risparmio di Calabria, ha smesso di lottare. Il numero 57-58 del 1969, già predisposto per la stampa, è uscito necessariamente postumo. A ricordare la figura dello studioso saranno in quello successivo il Presidente della Giunta Regionale della Calabria prof. Antonio Guarasci, il Soprintendente ai Monumenti della Lombardia Gisberto Martelli e il Rettore dell’Università dell’Aquila e Presidente della Società di Storia Patria Ernesto Pontieri.

Così officiava tra l’altro Guarasci: “Non vi è storico o uomo di cultura meridionale, che abbia considerato la Calabria un passo obbligato delle sue ricerche, che non abbia ritrovato in lui un generoso, pronto, bravo e disinteressato corrispondente.

Fu un animatore di ricerche aperto e libero, indipendente e onesto.

Grandi e piccoli cultori della vita calabrese dobbiamo a Mario Borretti qualcosa: una notizia, un libro raro, una carta d’archivio, una pagina indecifrabile, un nome dimenticato, un suggerimento”.

Non dissimile la rievocazione del Martelli, che nel secondo dopoguerra era pervenuto a Cosenza quale Soprintendente per la Calabria: “Mario Borretti possedeva una straordinaria sensibilità …: forse non conosceva la “carta del restauro”, la metodologìa della materia; ma ne possedeva profondamente lo spirito attraverso il rigoroso senso del rispetto delle stratificazioni, poiché mai avanzò – a differenza di più di un erudito, e neppure come cauta ipotesi – una idea qualsiasi che potesse suonare offesa al monumento preso nel suo insieme.

Stimolò gli amici verso la ricerca, perché fosse reperito nuovo materiale di studio, trovate fresche ispirazioni per la discussione; perché fossero portate avanti le posizioni raggiunte in questa materia da Paolo Orsi…”.

Concludiamo col Pontieri: “Era uno spirito entusiasta per le cose della cultura, nella quale vedeva una forza impareggiabile di progresso civile, soprattutto in rapporto alla Calabria che fortemente amava.

Coltivava con passione profondamente radicata la storia di essa: era in questo campo un autodidatta, ma attraverso la diuturna familiarità contratta con i libri e l’allenamento alla severa ricerca documentaria Egli aveva raggiunto un metodo impeccabile e dava assidua testimonianza di essere interprete e ricostruttore provetto del passato, attingendo temi lungo tutta la traiettoria della storia della sua terra”.

Un’altra toccante memoria è stata espressa due anni dopo sul periodico “Brutium” (a. 1971, n. 3) da Francesco Grillo di New York, che ha presentato un discreto epistolario: “Egli fu specialmente bibliofilo e cronista, uno di quei pazienti artefici la cui fatica è strumento indispensabile allo storico ed alla cultura”.

Oltre ad occuparsi a pieno ritmo della rivista, da lui fondata nel 1947 e sostenuta per più di un ventennio, Mario Borretti inizialmente già dal 1944 ha collaborato al “Bollettino della Società di Storia Patria per la Calabria”, quindi a “Brutium” e ad “Archivio storico per la Calabria e la Lucania”. In “Calabria Nobilissima” emergeva particolarmente il settore relativo alle numerose segnalazioni bibliografiche, che toccavano in largo raggio il panorama calabrese. La prima edizione di un volume si configura nel 1933 (è stata ripresa nel 1960) “La cattedrale di Cosenza”, una guida della città. Seguono nel 1940 “Il castello di Cosenza”, riedito nel 2019, “Le Strade di Cosenza-Saggio di toponomastica storica” del 1951, “Cosenza: guida breve della città e dintorni” (1960), “Annali della tipografia cosentina (1800-1899)” (Cosenza 1960), “Bibliografia della Sila” (Sansoni, Firenze 1965), “Contributo per una bibliografia storica Calabrese (1945-1964)” (MIT Cosenza) 1968.

Per quest’ultima fatica così scrivevo tra l’altro sul periodico reggino “La Voce di Calabria” del 5 ottobre 1969:

“La lodevole iniziativa dello scrittore cosentino giunge ora, buon ultima, dopo molti tentativi male abbozzati o addirittura incompleti e, se proprio non può riuscire a colmare la grave lacuna che da tempo si registra nella nostra regione per tal genere di studi, ha indiscutibilmente un grande pregio, quello cioè di aver dato la più chiara indicazione su quale dovrà essere la linea che dovranno seguire d’ora in poi i bibliografi calabresi. In effetti, il lavoro del Borretti si presta benissimo ad essere preso a modello, e da lui stesso e dagli eventuali altri, per una più completa ed ordinata bibliografia generale sulla Calabria”.

A Mario Borretti ha tenuto dietro il figlio Raffaele, che, pur impegnandosi in tutt’altre cose ha continuato per alcune annate a reiterare “Calabria Nobilissima” e a ristampare opere già pubblicate dal padre. In data 16 maggio 1988 così mi scriveva:

“è da lungo tempo che desideravo scriverle: come saprà, sto continuando, pur tra mille difficoltà, la pubblicazione di “Calabria Nobilissima”, e avrei molto piacere di annoverarla tra i collaboratori, anche per brevi pezzi e recensioni, se non può darmi lavori più impegnativi; d’altra parte la rivista esce solo una volta all’anno (fascicolo doppio), per cui l’impegno non sarebbe pressante.

Le scrivo, inoltre, per porle un quesito, grato se potrà rispondermi. Come dall’allegata circolare, sto per dare alle stampe un volume di ricerche sui Telesio, al quale è allegato un “albero genealogico”, che, al pari del volume, ho revisionato; ora, alcuni autori hanno riportato come appartenenti ai Telesio di Cosenza due sacerdoti, Antonio (1435) e Nicola (1562), per i quali invece, secondo me, non esistono allo stato conoscenze che confermino tale parentela (così come non ci sono per il giureconsulto Francesco del XIII secolo.

Vi è di più: S. G. Mercati, nel suo dotto esame di documenti vaticani (ASCL, A. VII (1937) pp. 215 sgg;) è incorso in una svista comune a noi uomini, che soffriamo un po’ di idee preconcette e ci indirizziamo spesso su una via sbagliata (anche per un’operazione semplice, come smontare un attrezzo meccanico) perché il nostro cervello è “convinto” della giustezza dell’idea di base. Infatti, identifica l’Antonio di cui sopra, e di cui parlano i documenti, con lo zio di Bernardino, non tenendo presente che all’epoca dei documenti il “vero” Antonio non era ancora nato (o, se fossero errate le date di nascita sin qui conosciute, era un bambino). Quanto al Nicola, non so come faccia P. Russo, che si basa su quanto ha scritto Mercati. Infatti, dubbioso, a sostenere che “senz’altro era un parente” (nella sua Storia dell’Archidiocesi Cosentina).

Invece, io trovo un interessante collegamento tra questi due Telesio: Antonio è definito “Canonico Oppidensi” in un primo documento e poi “Canonico Jeracensi” in un secondo (1435), mentre Nicola è rettore della Chiesa di S. Filippo di Oppido (documento del 1562).

Io ritengo, in conclusione, che ambedue appartengano ad un ramo di Telesio dimoranti in Oppido per qualche secolo, e che potrebbe far parte del ramo di Cosenza, come potrebbe benissimo NON farne parte, così come non ne fanno parte i Telesio napoletani e di altre località.

Lei ha mai incontrato notizie in merito?

Intanto, io (salvo sue eventuali comunicazioni) non li includo nell’albero genealogico, citandoli però in nota, e credo sia questa la cosa più seria e sicura etc.”

Non ho avuto più rapporti diretti con Raffaele Borretti, a cui sicuramente ho risposto, ma nel 1994, non ricordo se inviatami da lui od altro amico, ho ricevuto la sua attraente guida illustrata, “Ajello Antichità e Monumenti” pubblicata col patrocinio dell’Amministrazione Comunale di Aiello Calabro. Nel corso degli anni, in ogni modo, egli si è spinto a replicare vari testi già editi dal padre, talvolta arricchendoli parecchio e aggiornandoli, come appunto nel 1988 “I Telesio Regesto dei documenti del secolo XVI”. Nel 1990 è venuto a rinverdire l’operosità del padre curando l’edizione di “Studi e testimonianze di Mario Borretti nel ventennale della morte (1970- 1990”. Comunque il suo interesse principale era l’amore per il jazz e in tale campo si è fatto veramente un nome. Nel 2005 ha consegnato alla stampa con Klipper “Una piccola storia del jazz Klipper”. Socio dell’Accademia Cosentina e della Deputazione di Storia Patria, nel 2015 è stato omaggiato dalla Commissione di Cultura del Comune di Cosenza per i suoi 60 anni di attività. Il 25 ottobre 2019 nella sala del trono del castello di Cosenza si riproponeva il testo già del padre e, peraltro, già aggiornato nel 1983 della relativa guida storico-artistica e riveduto alla luce dei contributi di altri studiosi. Deceduto l’8 novembre del 2020, così lo ricordava l’assessore regionale Franco Iacucci già sindaco di Aiello: “Ci lascia un grande Maestro. Raffaele Borretti, musicista, grande cultore del jazz che ha contributo a diffonderlo in tutto il territorio calabrese, docente all’Università della Calabria e al Conservatorio “Stanislao Giacomantonio” di Cosenza, seguendo le orme del padre si è dedicato alla ricerca storica pubblicando diversi libri”.

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