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mercoledì, 4 Dicembre, 2024

Antonio Tripodi

L’ingegnere Antonio Tripodi, studioso di storia patria, autore di tante solide pubblicazioni, era sicuramente lo stakanovista dell’Archivio. Infatti, non c’era sede in Calabria ch’egli non frequentasse. Esponente della cultura e della politica vibonese, si era laureato in ingegneria mineraria e fino al 2000 ha insegnato elettrotecnica e applicazioni all’Istituto Tecnico Industriale di Vibo. È stato davvero persona dai molteplici interessi. Nato nel 1934 a Dasà, ha esercitato anche il carico di sindaco del suo paese ed è stato deputato di Storia Patria e ispettore onorario dell’Archivio di Stato della Calabria. Conosceva a fondo l’archivio di Stato di Vibo, ma soprattutto quello vescovile di Mileto, di cui per parecchio tempo è stato vicedirettore. Devoto alla Chiesa, è stato nominato diacono permanente e ha svolto di conseguenza vari incarichi in diocesi. Quando al direttore dell’Archivio di Stato di Reggio, il dott. Coppola, si chiedeva qualche particolare riguardo ai documenti che vi si conservavano, quasi celiando soleva rispondere: «Rivolgetevi all’ing. Tripodi, è lui il competente in materia». A chi glielo riferiva sorrideva compiaciuto, ma era la verità. Pervenuti all’archivio di Mileto bastava un cenno e lui ti portava difilato al documento che t’interessava. Peraltro, era uno “scialone”, e la sua compagnia risultava piacevole. Una sola volta l’ho dovuto mettere in riga. Era sul finire degli a. ‘80 circa e venivamo da una riunione all’Università di Salerno a motivo dell’avvio di un convegno sulle confraternite. Si viaggiava bel bello, ma a un certo punto i fari hanno cominciato a non rispondere ai comandi fino a spegnersi. Si stava facendo buio e lui voleva continuare imperterrito fino a Dasà, dove io avevo lasciato la mia auto. Non ho voluto sentire ragioni e l’ho obbligato a scendere a Pizzo. Era domenica e non c’era alcuna officina aperta. Meno male che vi si è imbattuto in un suo vecchio alunno, che ha messo a posto ogni cosa e così ci siamo rimessi in carreggiata. Antonio Tripodi, un amico sempre disponibile, allegro e vivace, ci ha lasciati il 5 giugno del 2022. Pure con lui, come con Enzo D’Agostino non c’è stato bisogno di scambio di missive. Eravamo spesso assieme sia in riunioni che in convegni. Periodicamente ci vedevamo a Reggio per le assemblee della Deputazione.

Numerose le fatiche d’indagine storica di Antonio Tripodi, a partire da «Dasà-La Madonna della Consolazione» edita in prima edizione nel 1983. Così tra l’altro scrivevo nel 2016 in “Calabria Sconosciuta” (nn. 151-152) in merito alla sua ultima ed eccellente fatica «Sulle Arti in Calabria-Dizionario biografico e documentario su artisti e opere d’arte» uscita con Adhoc Edizioni di Vibo Valentia:

«Nel solco del suo persistente impegno di vario ricercatore, Antonio Tripodi rientra in campo e riserva a una delle branche cui da sempre è particolarmente attento, arte e artisti attinenti al patrimonio calabrese, un’ennesima pubblicazione, che potremmo definire una vera e propria impresa. Stavolta, infatti, più che soddisfare la brama di offrire al completo agli appassionati l’esito delle sue particolari scoperte archivistiche, ha preferito consegnare alla cultura una trattazione che in sintesi propone quanti dal più lontano evo fino ai nostri giorni hanno lasciato tracce nella regione, siano stati essi autoctoni o estranei, ma comunque tutti operatori che hanno lasciato un segno nelle nostre realtà.

Il nuovo parto, come indica il sottotitolo, è un dizionario e, come tale va accettato. Ma non deve essere considerato un’arida proposizione di nomi e manufatti, come avviene di norma con tal genere di lavori, che pur ne sono stati dati alle stampe, e anche di recente. Il Tripodi, infatti, pur presentando in stretto ordine alfabetico le brevi biografie, non ha dimenticato di essere un vero topo d’archivio e ha corredato partitamente ogni nominativo con le pezze d’appoggio dovute, sia ricavate direttamente che attingendo a varia bibliografia. La sua scrupolosità si rivela in sommo grado allorché ci si avverte che, dove è stato possibile, ha egli setacciato o fatto setacciare ogni archivio pertinente, in particolar modo quello dei Comuni, offrendo perfino numero e pagine dell’atto che interessa. Ciò, è chiaro, è una larga opportunità che si dà agli studiosi, i quali possono a loro volta indagare presso gli stessi e avviare o completare nuovi lavori».

L’ingegnere Antonio Tripodi, studioso di storia patria, autore di tante solide pubblicazioni, era sicuramente lo stakanovista dell’Archivio. Infatti, non c’era sede in Calabria ch’egli non frequentasse. Esponente della cultura e della politica vibonese, si era laureato in ingegneria mineraria e fino al 2000 ha insegnato elettrotecnica e applicazioni all’Istituto Tecnico Industriale di Vibo. È stato davvero persona dai molteplici interessi. Nato nel 1934 a Dasà, ha esercitato anche il carico di sindaco del suo paese ed è stato deputato di Storia Patria e ispettore onorario dell’Archivio di Stato della Calabria. Conosceva a fondo l’archivio di Stato di Vibo, ma soprattutto quello vescovile di Mileto, di cui per parecchio tempo è stato vicedirettore. Devoto alla Chiesa, è stato nominato diacono permanente e ha svolto di conseguenza vari incarichi in diocesi. Quando al direttore dell’Archivio di Stato di Reggio, il dott. Coppola, si chiedeva qualche particolare riguardo ai documenti che vi si conservavano, quasi celiando soleva rispondere: «Rivolgetevi all’ing. Tripodi, è lui il competente in materia». A chi glielo riferiva sorrideva compiaciuto, ma era la verità. Pervenuti all’archivio di Mileto bastava un cenno e lui ti portava difilato al documento che t’interessava. Peraltro, era uno “scialone”, e la sua compagnia risultava piacevole. Una sola volta l’ho dovuto mettere in riga. Era sul finire degli a. ‘80 circa e venivamo da una riunione all’Università di Salerno a motivo dell’avvio di un convegno sulle confraternite. Si viaggiava bel bello, ma a un certo punto i fari hanno cominciato a non rispondere ai comandi fino a spegnersi. Si stava facendo buio e lui voleva continuare imperterrito fino a Dasà, dove io avevo lasciato la mia auto. Non ho voluto sentire ragioni e l’ho obbligato a scendere a Pizzo. Era domenica e non c’era alcuna officina aperta. Meno male che vi si è imbattuto in un suo vecchio alunno, che ha messo a posto ogni cosa e così ci siamo rimessi in carreggiata. Antonio Tripodi, un amico sempre disponibile, allegro e vivace, ci ha lasciati il 5 giugno del 2022. Pure con lui, come con Enzo D’Agostino non c’è stato bisogno di scambio di missive. Eravamo spesso assieme sia in riunioni che in convegni. Periodicamente ci vedevamo a Reggio per le assemblee della Deputazione.

Numerose le fatiche d’indagine storica di Antonio Tripodi, a partire da «Dasà-La Madonna della Consolazione» edita in prima edizione nel 1983. Così tra l’altro scrivevo nel 2016 in “Calabria Sconosciuta” (nn. 151-152) in merito alla sua ultima ed eccellente fatica «Sulle Arti in Calabria-Dizionario biografico e documentario su artisti e opere d’arte» uscita con Adhoc Edizioni di Vibo Valentia:

«Nel solco del suo persistente impegno di vario ricercatore, Antonio Tripodi rientra in campo e riserva a una delle branche cui da sempre è particolarmente attento, arte e artisti attinenti al patrimonio calabrese, un’ennesima pubblicazione, che potremmo definire una vera e propria impresa. Stavolta, infatti, più che soddisfare la brama di offrire al completo agli appassionati l’esito delle sue particolari scoperte archivistiche, ha preferito consegnare alla cultura una trattazione che in sintesi propone quanti dal più lontano evo fino ai nostri giorni hanno lasciato tracce nella regione, siano stati essi autoctoni o estranei, ma comunque tutti operatori che hanno lasciato un segno nelle nostre realtà.

Il nuovo parto, come indica il sottotitolo, è un dizionario e, come tale va accettato. Ma non deve essere considerato un’arida proposizione di nomi e manufatti, come avviene di norma con tal genere di lavori, che pur ne sono stati dati alle stampe, e anche di recente. Il Tripodi, infatti, pur presentando in stretto ordine alfabetico le brevi biografie, non ha dimenticato di essere un vero topo d’archivio e ha corredato partitamente ogni nominativo con le pezze d’appoggio dovute, sia ricavate direttamente che attingendo a varia bibliografia. La sua scrupolosità si rivela in sommo grado allorché ci si avverte che, dove è stato possibile, ha egli setacciato o fatto setacciare ogni archivio pertinente, in particolar modo quello dei Comuni, offrendo perfino numero e pagine dell’atto che interessa. Ciò, è chiaro, è una larga opportunità che si dà agli studiosi, i quali possono a loro volta indagare presso gli stessi e avviare o completare nuovi lavori».

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